Come la politica strumentalizza gli errori.
Cercheremo di essere il più asettici possibili nel commentare questa vicenda che si protrae da 20 anni e che a vario titolo ha visto le varie amministrazioni succedutesi – specie le ultime due – protagoniste in negativo, aggravando di debiti il bilancio e spaventando i privati cittadini che abitano il complesso immobiliare denominato “la Piazza” in via Julia (area dell’ex conceria Foresta).
1) All’esito di un sopralluogo eseguito in data 17 dicembre 2001 è stato accertato che Alta Padovana Costruzioni srl, in fase di realizzazione dell’intervento, aveva tuttavia innalzato il solaio di copertura dell’edificato per non meno di 70 cm, finendo per realizzare un edificio di altezza superiore rispetto a quella prevista dalla concessione stessa – nonché superiore all’altezza massima consentita dalle norme del Piano di Recupero e dalle norme del P.R.G. – e per ricavare nel vano sottotetto, che doveva essere non praticabile, un ulteriore piano di altezza media non inferiore a 2,15 ml;
Pertanto, con ordinanza n. 83 in data 19 dicembre 2001 l’amministrazione comunale ha ordinato, tra gli altri, ad Alta Padovana Costruzioni srl l’immediata sospensione dei lavori e con successiva ordinanza n. 4 del 15 gennaio 2002 ha ingiunto la demolizione delle opere abusivamente realizzate in difformità dalla concessione edilizia n. 99/2016.
2) Avverso l’ordinanza di demolizione Alta Padovana Costruzioni srl ha proposto innanzi al TAR Veneto il ricorso n. 864/2002 rg per l’esosità della sanzione.
3) Contestualmente alla proposizione del ricorso Alta Padovana Costruzioni srl, in data 14 maggio 2002, ha inoltre presentato all’amministrazione procedente un’istanza volta al rilascio del titolo edilizio in sanatoria e, in via subordinata, volta ad ottenere che l’ordinanza demolitoria fosse sostituita con un provvedimento di irrogazione della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 93 della L.R. 61/85, stante il pregiudizio derivante alla parte conforme dell’edificio dalla eventuale demolizione della difformità.
4) Già in data 6 giugno 2002 il Comune di San Martino di Lupari, con provvedimento prot. n. 5884/2002, ha rigettato la richiesta di rilascio di titolo edilizio in sanatoria presentata da Alta Padovana Costruzioni srl.
5) Per quanto invece concerne la richiesta formulata in via subordinata dalla società l’amministrazione comunale, con ordinanza n. 35 in data 10 giugno 2002 e, successivamente, con ordinanza n. 48 in data 11 luglio 2002, in luogo dell’ordinanza demolitoria precedentemente adottata ha ingiunto ad Alta Padovana Costruzioni srl di pagare, a titolo di sanzione amministrativa, un importo pari a 1.194.446,00 Euro; importo successivamente rideterminato, a causa di un mero errore di calcolo nella precedente quantificazione, nella minore somma pari a 1.168.712,49 euro (con restituzione immediata della differenza in favore della società).
In particolare, la sanzione amministrativa è stata determinata calcolando come abusivo l’intero piano praticabile che si era venuto a creare e non solo la parte realizzata in eccesso. Ciò in quanto, con i 70 cm di altezza realizzati in eccesso, i locali prima irrilevanti da un punto di vista urbanistico ed edilizio sono divenuti effettivamente praticabili (e dunque rilevanti urbanisticamente).
6) Contro la sanzione amministrativa pecuniaria Alta Padovana Costruzioni srl ha proposto atto di motivi aggiunti nel ricorso n. 864/2002 RG innanzi al Tar Veneto.
In corso di giudizio e, più precisamente, in data 22 novembre 2005, è stato peraltro svolto un sopralluogo che ha accertato (in 5 delle venti unità poste ai piani superiori del complesso immobiliare, non essendo stato possibile accedere alle ulteriori 15) che “al livello superiore (sottotetto) si trovano alcune camere da letto e un bagno: tutti utilizzati ai fini abitativi”.
La relazione di sopralluogo è stata prodotta nel giudizio 864/2002 dal Comune di San Martino di Lupari sub. doc. 17: nella memoria difensiva dimessa dalla difesa dell’amministrazione in data 26 novembre 2005 sono state rappresentante le risultanze del sopralluogo e, in particolare, la destinazione a fini abitativi dei sottotetti. Gli esiti del sopralluogo del 2005 sono pertanto entrati a far parte delle circostanze di fatto oggetto di giudizio da parte del Giudice amministrativo.
7) Ora, vi è un dato che sicuramente non è possibile mettere in discussione; ossia che in esito al contenzioso giudiziale amministrativo instaurato da Alta Padovana Costruzioni srl sia il Tar Veneto con la sentenza n. 536/2006 così come il Consiglio di Stato con la sentenza n. 4534/2017 hanno definitivamente confermato la sussistenza della parziale difformità del fabbricato realizzato rispetto alla concessione edilizia n. 99/2016 del 7 luglio 1999 e conseguentemente hanno confermato la realizzazione, da parte di Alta Padovana Costruzioni, di opere parzialmente contra ius.
Se le due pronunce sono concordi nel ritenere la sussistenza dell’abuso in relazione al fabbricato in oggetto, esse – pur concordando nella sproporzione della sanzione comunicata – divergono in relazione a come doveva essere quantificata la sanzione e, in particolare, in relazione a quale parte dell’edificio dovesse essere commisurata la sanzione.
Diversamente, il Consiglio di Stato ha ritenuto che l’Amministrazione comunale avesse errato nella misura in cui “nell’applicare la sanzione ha considerato l’intero volume del sottotetto, ritenendolo di fatto abitabile pur in presenza di un’altezza non sufficiente a tal fine (per i locali ad uso residenziale l’altezza minima necessaria è di 270 cm)”; nel mentre “la sanzione pecuniaria doveva invece, nel caso di specie, essere commisurata all’altezza eccedente (70 cm), restando lo stesso piano comunque al di sotto dell’altezza minima prescritta perché potesse considerarsi praticabile ed abitabile” e ciò “in quanto il sottotetto, in ragione dell’incremento dell’altezza, è stato reso di fatto praticabile…ma resta giuridicamente un locale non abitabile”.
Le minoranze chiedono lumi ma si sentono rispondere che finché vi è un contenzioso la documentazione e le notizie non possono essere fornite.
8) L’Amministrazione comunale Boratto, a ridosso delle elezioni 2019, in modo strumentale e, forse, per non ammettere di aver sbagliato, ha ritenuto allora di poter ancora tirarla per le lunghe sostenendo l’ardita tesi che le conclusioni sopra esposte fossero il frutto di un errore di fatto da parte del Consiglio di Stato.
Per tale ragione, è stato proposto innanzi al Consiglio di Stato un ricorso per revocazione contro la sentenza n. 4534/2017.
Si tratta di un rimedio del tutto eccezionale e che statisticamente – è notorio – ha scarse possibilità di riuscita.
Con la sentenza n. 6914/2018 del 6 dicembre 2018, il Consiglio di Stato ha rigettato anche il ricorso per revocazione proposto dal Comune.
Nel frattempo spese legali ed interessi lievitavano e nel frattempo l’Amministrazione chiede a chi abita negli edifici incriminati di sostenere i costi dell’abuso se non vi dovesse provvedere l’Alta Padovana Costruzioni srl.
9) E qui ricadono le responsabilità dell’attuale Amministrazione comunale che, invece di trovare un punto di intesa con la società Alta Padovana Costruzioni srl che nel frattempo si era resa disponibile a trovare una conclusione conciliativa, preferisce tacere e subire un c.d. giudizio di ottemperanza ovvero un giudizio esecutivo con il quale il privato cerca di dare attuazione alle sentenze per lui positive.
10) Come va a finire l’ennesimo round giudiziario? Naturalmente, il Comune perde anche questa causa a seguito della sentenza 7041/2020.
Il Consiglio di Stato condanna alle spese e nomina un Commissario ad Acta, pagato anch’esso dalla collettività. Chi è il Commissario ad Acta? E’ una figura istituzionale nominata dal Giudice per rendere esecutiva una sentenza, sostituendosi alla P.A. inerte.
Insomma, un’onta amministrativa, una figuraccia anche costosa!
11) La lunga telenovela è ferma qui: il Commissario sta lavorando per determinare quanti soldi dovranno essere restituiti al privato.
12) Siamo tutti con il fiato sospeso, con la preoccupazione che venga creato un buco di bilancio anche se, memore delle molte grida di allarme alzatesi più volte dalle minoranze, sono stati finalmente accantonati circa € 500.000,00. Basteranno?
E il cittadino intanto paga la mala gestio degli amministratori.
13) Le minoranze rinvieranno il tutto alla Corte dei Conti perché questo reiterato sperpero ha dei nomi e dei cognomi.